martedì 26 febbraio 2013

Lo scandalo della carne equina si arricchisce di un nuovo protagonista

Lo scandalo che negli ultimi giorni ha colpito numerosi marchi e aziende multinazionali non accenna a placarsi, anzi coinvolge nuove figure dimostrandosi sempre più un problema mondiale.
Il nuovo protagonista è rappresentato da Ikea; l'azienda, specializzata nella vendita di mobili e complementi d'arredo con circa 260 punti vendita sparsi in tutto il mondo, ha dapprima sospeso la vendita di polpette sospette distribuite negli store di tutta Europa, per poi estendere il provvedimento ai punti vendita del resto del mondo.
La decisione è stata presa in seguito ad alcuni controlli condotti su campioni prelevati dallo store di Brno in Repubblica Ceca; le polpette, preparate in Svezia, hanno mostrato tracce di carne di cavallo, al contrario di quanto dichiarato alla vendita.
Il produttore svedese delle carni vendute all'interno dei punti vendita Ikea, scottato dai recenti avvenimenti, ha subito gettato acqua sul fuoco attraverso il suo amministratore delegato dichiarando che "su 320 test effettuati nelle ultime tre settimane sul nostro prodotto, nessuno ha rilevato la presenza di carne di cavallo". Aggiungendo in seguito di essersi appoggiati ad un laboratorio esterno per una consulenza, senza notare un esito differente nei risultati.
Anche in questo caso, il ritiro del prodotto incriminato dal mercato appare come una cautela nei confronti sia del consumatore che dell'azienda colpita, piuttosto che un vero e proprio provvedimento sanitario, per cui questo nuovo capitolo della "saga della carne equina" sembra conferire alla faccenda un carattere esclusivo di frode commerciale piuttosto che un rischio per la nostra salute.
In attesa di nuovi sviluppi, vi consiglio di servire sulle vostre tavole prodotti di indubbia provenienza, preferibilmente non surgelati.

sabato 23 febbraio 2013

Lo scandalo della carne equina, vediamo com'è nato...

È sobbalzato agli onori della cronaca italiana solo da qualche giorno, ma il dubbio sull'origine di alcuni prodotti a base di carne deriva da lontano ed in particolare dal Regno Unito.
Nei primi giorni del 2013 infatti, in seguito a delle analisi del DNA di alcuni lotti di produzione di hamburger, sono state ritrovate alte percentuali di proteine equine e suine;un evento che, in un paese dove i cavalli sono trattati alla stregua di animali domestici e i musulmani rappresentano una buona fetta della popolazione, ha disgustato l'opinione pubblica.
Da questo primo episodio si sono susseguiti dei controlli interni ed esterni in molte aziende alimentari, volte a smascherare delle truffe che avrebbero potuto costituire un serio rischio per la salute del consumatore.
Tra i primi a ritrovarsi nell'occhio del ciclone è stata di sicuro la Findus, obbligata a ritirare dal mercato europeo numerosi prodotti dichiarati a base di carne bovina ma con origine più che dubbia. Notizia di pochi giorni fa, invece, i NAS hanno sequestrato circa 26 tonnellate di carne dalla sede della Nestlè; oggi l'esito delle analisi tanto attese ha escluso la presenza di prodotti di origine equina così come confermato dal Ministero Della Salute con questa notifica: «Le analisi dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Torino su tutti i campioni di carne prelevati allo stabilimento Safim di None (TO) hanno dato esito negativo. I risultati sono stati notificati ufficialmente questa mattina e di conseguenza verrà disposto il dissequestro della carne».
L'unico caso di positività riscontrato finora, invece, riguarda, come confermato da numerosi mezzi stampa, un campione di "lasagne alla bolognese" prodotto dalla ditta Primia di Bologna, a seguito di questo risultato è stato ordinato il sequestro di 2400 confezioni, nonché di tonnellate di macinato pronte a finire sulle nostre tavole.
Questi sono solo alcuni dei casi evidenziati in questi ultimi giorni, saranno necessarie delle opportune verifiche e delle indagini per risalire ai reali responsabili di questa immensa truffa; intanto è iniziato il classico "scarica barile" tra i vari protagonisti e chissà quando verremo a conoscenza della verità.
Forse non tutti sanno la pericolosità di questa pratica criminale, soprattutto in una nazione come la nostra in cui il consumo di carne equina fa parte della tradizione alimentare. Il problema infatti non risiede nella natura del prodotto bensì nella sua dubbia provenienza; stiamo infatti parlando probabilmente di macinati provenienti da allevamenti non controllati o addirittura da animali scartati dalle attività sportive, a cui potrebbero essere stati somministrati farmaci o sostanze dopanti. A prescindere dal fatto che spacciare un prodotto per un altro costituisce già un reato, i trattamenti farmacologici subiti dai cavalli sportivi ne impediscono il riciclo nell'industria alimentare. Il fenilbutazone, un antinfiammatorio e antidolorifico usato per la cura di cavalli da corsi, può risultare tossico per l'uomo, pur richiedendo delle dosi elevate come affermato da Sally Davis, portavoce del Ministero della Sanità britannico, aggiungendo che "ai livelli ai quali è stato trovato il fenilbutazone, una persona dovrebbe consumare da 500 a 600 hamburger al 100% di carne di cavallo al giorno per avvicinarsi alla dose quotidiana limite per l'uomo".
Rimane però l'inganno che ha stravolto in particolar modo chi, per scelta etica, non è d'accordo al consumo di carne equina; siamo in attesa di scoprire i colpevoli, sperando che, almeno per questa volta, qualcuno ne paghi le conseguenze.


venerdì 22 febbraio 2013

F come fabbisogno

Con il termine fabbisogno si vogliono indicare le esigenze che ogni organismo richiede in un determinato arco di tempo; può essere riferito ad un singolo nutriente, ad un'ampia classe di macromolecole oppure, nella maggior parte dei casi, alle calorie.
Chiunque abbia intrapreso una dieta dimagrante sarà a conoscenza di questo parametro fondamentale, che rappresenta in modo molto semplicistico il confine tra perdere o acquisire del peso. Il fabbisogno calorico è infatti la quantità di energia spesa dal nostro corpo per svolgere tutte le attività nell'arco di un giorno, una settimana o un intero mese; comprende il metabolismo basale, che racchiude le calorie impiegate per respirare, pensare e far funzionare ciascun organo; la termogenesi indotta dalla digestione dei cibi, ovvero ciò che spendiamo per metabolizzare tutto quello che ingeriamo; le calorie richieste dall'attività fisica, sia sedentaria che atletica.
Per questa particolare definizione, nonché per molte variabili quali peso, altezza, costituzione corporea, età e sesso, non è per niente facile calcolare un valore che rappresenti perfettamente un indice per il dimagrimento; tuttavia esistono delle formule, su cui si basano programmi informatici sia semplici che più complessi, che permettono di ottenere una stima da "maneggiare con le pinze" ma utile al fine di stilare una dieta equilibrata.
In linea generale esistono due metodi per garantire il dimagrimento in relazione al fabbisogno calorico: la prima opzione richiede di mantenersi al di sotto di questo valore, in modo tale da costringere l'organismo ad utilizzare le riserve costituite dal grasso in eccesso; l'alternativa, invece, è quella di aumentare la quantità di energia consumata quotidianamente, introducendo l'attività fisica, un fattore che può incidere positivamente anche fino a 500 Cal/giorno nei soggetti molto allenati. Inoltre una corporatura in cui la massa magra prevale su quella grassa avrà un metabolismo basale più elevato, per questo motivo anche il lavoro anaerobico in palestra (body-building), seppur con risultati minori, può contribuire alla costante "guerra" contro la bilancia.
Io personalmente mi sento di consigliare sempre la seconda opzione; mantenere una dieta equilibrata che soddisfi ogni nostra esigenza e bruciare il grasso in eccesso con l'attività fisica. Ricordo inoltre che non è necessario marciare per 10 Km, scalare una montagna in bici o passare interi pomeriggi in palestra, spesso anche una semplice camminata prolungata o un po' di jogging all'aria aperta possono dare risultati inizialmente insperati.

domenica 10 febbraio 2013

E come etichette

La confezione di ogni prodotto che acquistiamo rappresenta il biglietto da visita che l'azienda produttrice ci presenta per stimolare la nostra curiosità ed il nostro interesse. Ma, così come in ogni cartoncino che si rispetti, le informazioni realmente importanti per il consumatore sono riportate a caratteri minori e piuttosto defilate rispetto alle immagini e agli slogan pubblicitari.
Il logo, le figure e le frasi ad effetto sono molto appariscenti, ma spesso non riflettono le reali qualità di ciascun prodotto; le tabelle nutrizionali, la denominazione commerciale e l'elenco degli ingredienti, invece, devono rappresentare il focus della nostra attenzione.
Pur non essendo ancora presente una legislazione completa ed accurata, è sempre più semplice imbattersi in alimenti accompagnati da specifiche, ma spesso poco chiare, informazioni utili alla scelta del prodotto. E' buona norma preferire una ricchezza di indicazioni alimentari poiché sinonimo di qualità e trasparenza; infatti, al contrario di quello che può avvenire per le immagini e gli slogan pubblicitari, ciò che viene dichiarato tra le "caratteristiche tecniche" dell'alimento dev'essere necessariamente vero e non illusorio.
La tabella nutrizionale racchiude le calorie ed i principali nutrienti contenuti in 100 g, 100 ml o una porzione del prodotto considerato; se siamo fortunati troveremo anche le GDA (Guideline Daily Amounts), ovvero le Quantità Giornaliere Indicative di energia e nutrienti adeguati ad una alimentazione equilibrata (energia, grassi totali, grassi saturi, carboidrati totali, zuccheri totali, proteine, fibre alimentari, sodio). Questi valori, espressi in percentuale ed in relazione alla porzione consigliata, rappresentano una linea guida su cui basare il proprio piano alimentare, considerando ovviamente variabili come età, sesso e attività giornaliere condotte.
L'elenco degli ingredienti, invece, dev'essere necessariamente riportato in ordine decrescente di quantità; in particolare, alla fine di esso troveremo delle sostanze che corrispondono agli additivi, quindi presenti in piccole dosi. Tra di essi, segnalati con la lettera E seguita da un numero compreso tra 100 e 1000, troveremo coloranti, aromatizzanti, conservanti e stabilizzanti. I coloranti hanno dei numeri che variano dal 100 al 200 ed essendo per lo più dei prodotti di sintesi migliorano l'aspetto del prodotto ma non la sua qualità; con i numeri successivi sono invece indicati conservanti, stabilizzanti ed altre sostanze che proteggono il prodotto dalla degradazione, da agenti microbici oppure lo integrano con principi nutritivi fondamentali.
Al fianco dell'acido benzoico (E210), nitrati (E251-E252) e polifosfati (E452) possiamo anche trovare la vitamina C (E300), il carotene (E160) e altre sostanze naturali per nulla pericolose per la nostra salute; è quindi importante non farsi fuorviare da queste sigle e ricordare che un prodotto del tutto naturale è privo di additivi.
Tra le altre indicazioni non si può sottovalutare la denominazione protetta, sinonimo di qualità e di uno specifico protocollo di preparazione, la data di scadenza con i relativi metodi di conservazione e il lotto di produzione, un modo semplice per risalire ad un eventuale difetto di produzione.
Riconosco che per imparare a leggere correttamente ciascuna etichetta sarebbe necessario un corso accelerato per potersi soffermare su ciascuna informazione e caratteristica riportata; il mio consiglio è quello di iniziare prestando attenzione ai prodotti che acquistiamo e dando maggiore importanza al retro della confezione.